Raffreddore da fieno. Che fare?

Denominato anche rinite allergica o pollinosi. Questo disturbo è molto frequente e in netto aumento, soprattutto nei grossi centri urbani, mentre in ambiente rurale, la sua rilevanza appare meno significativa. L'inquinamento quindi, e non la concentrazione dei pollini, rappresenta un fattore determinante lo scatenamento del problema allergico.

I pollini delle graminacee hanno la maggiore responsabilità nel condizionare i sintomi respiratori nel periodo primaverile. La fioritura delle composite giustifica la comparsa del disturbo in estate. In autunno l'ambrosia fa la parte del leone, a febbraio e marzo è invece la betulla a provocare starnuti e congestione nasale.

Il raffreddore da fieno è spesso associato a congiuntivite, e nella maggior parte dei casi un ciclo terapeutico di antistaminici è in grado di migliorare nettamente i sintomi, con effetti collaterali assenti o di grado moderato.

Tuttavia, esistono riniti allergiche che rispondono in modo inadeguato alla terapia convenzionale, in taluni casi possono condizionare l' attività sociale e lavorativa, soprattutto se associate ad asma bronchiale. 

La diagnosi si basa sulla clinica (sintomi riferiti dal paziente) e sull'uso di alcuni test: prelievo ematico (RAST) e cutireazioni o prick test.

In questo caso, i pazienti affetti da tale patologia possono beneficiare, dell'immunoterapia specifica ( ITS), il cosiddetto "vaccino". La sua efficacia è stata dimostrata in almeno 70% dei casi, d'altro canto l'incidenza di reazione avverse, con fenomeni locali o generalizzate, non è affatto trascurabile. Lo shock anafilattico, pur rappresentando un effetto collaterale estremamente raro, è potenzialmente rischioso per la vita del paziente.

Ovviare ai rischi impliciti della ITS, mantenendone l'efficacia, ha rappresentato, uno tra gli sforzi più urgenti della ricerca immunologica. Tra i vari tentativi uno dei più affascinanti è rappresentato dall'E.P.D. (Enzyme Potentiated Desensitisation). Sviluppato dall'allergologo inglese L.M. Mc Ewen alla fine degli anni 70, il trattamento consiste in 1 o 2 iniezioni intradermiche all'anno, per un periodo di 3-4 anni. Sono impiegate dosi molto basse di allergene, (sostanza in grado di stimolare una reazione allergica). L'allergene è rappresentato da un estratto del polline (come nel I.T.S) coniugato ad un enzima chiamato beta -glicuronidasi. Il trattamento EPD per la prevenzione e il miglioramento dei sintomi dell'allergia respiratoria, ha dimostrato efficacia clinica e ottima tollerabilità con reazioni avverse gravi pressoché inesistenti. Non esiste alcuna controindicazione per l'utilizzo di EPD in età pediatrica.